Netflix: nuove regole per gli account condivisi
di Leonardo Maniciati

Dietrofront e ripensamenti: cosa cambia per gli utenti
Penso che chiunque io conosca, che guardi contenuti su Netflix, lo faccia da un account condiviso con altre persone: amici, parenti, colleghi. Dopo la confusione negli ultimi giorni in merito alle nuove regole introdotte da Netflix, mi sembrava doveroso fare un po’ di chiarezza in merito.
Facciamo un piccolo riassunto. Qualche giorno fa Netflix modifica i termini di servizio sulle sua pagine ufficiali, rendendo noto che da Marzo 2023 sarebbe stato richiesto di collegarsi, almeno una volta ogni 31 giorni, dalla rete del nucleo familiare di riferimento dell’account.
Questa restrizione scatena grossi malcontenti tra gli utenti. Tuttavia ad un’analisi più approfondita, dopo che gli articoli iniziavano a fioccare online, ritornando sulla piattaforma, non si trovava più traccia di questo nuovo vincolo.
Netflix fa quindi un grosso passo indietro. Ufficialmente affermando che tali termini fossero stati pubblicati per errore, e che dovessero essere applicati solo in alcuni paesi (Cile, Costa Rica e Perù).
Che ci si creda o meno non importa. Oramai il danno è fatto, e involontariamente molte testate, anche autorevoli, si sono trovate a diffondere loro malgrado informazioni errate.
Resta tutt’ora online la seconda versione riveduta dei termini di servizio. È ancora presente il riferimento alla verifica del dispositivo, ma senza il vincolo temporale dei 31 giorni. Non è molto chiaro però ogni quanto possa venire quindi richiesta.
Ve la lascio qui se volete approfondire personalmente.

Quanto costa una presa di posizione?
Una mossa comunicativa veramente da dilettanti, che ha generato grande confusione ed incomprensione. Veramente inconcepibile per un gigante del settore.
È molto probabile che vedendo le reazioni diffuse online si sia deciso di ritornare sui propri passi, rinviando almeno per ora la limitazione. Ma non è la prima volta che Netflix manifesta di voler agire in tale senso.
Mentre i costi di produzione crescono, e di pari passo la concorrenza, il gigante dello streaming si trova obbligato a cercare nuovi modi per aumentare il proprio flusso di cassa.
Il metodo inizialmente proposto del tracciamento degli indirizzi IP, solleva dubbi anche in materia di trattamento della privacy, quantomeno per il mercato Europeo, più stringente in tal riguardo.
Nonostante il dietrofront, non sono mancate le prime disdette. La decisione è piuttosto spinosa, e molto importante in ottica di ‘guerra dei flussi’ tra i vari servizi streaming. Un passo falso potrebbe spingere l’utenza verso la concorrenza.
Restiamo dunque in attesa per ora di capire quali saranno i prossimi passi della piattaforma in tal senso, e con che soluzioni deciderà di affrontare il proprio dilemma.