Recensione #24 – Il ragazzo e l’airone
di Leonardo Maniciati

Un grande ritorno
Sì, l’anno nuovo è iniziato, i pandori sono finiti e si ritorna in ufficio. Nonostante tutti queste brutte notizie, ce n’è una di veramente bella, è finalmente uscito anche in Italia ‘Il ragazzo e l’airone’, ed oggi vi porto la mia recensione. L’annata cinematografica inizia fortissimo, con il ritorno in sala dello Studio Ghibli e di Hayao Miyazaki. Il maestro aveva firmato il suo ultimo film da regista nell’ormai lontano 2013, con l’uscita in sala di ‘Si alza il vento‘, per poi allontanarsi dalle scene annunciando il suo ritiro a causa dell’età avanzata.
Il film, il cui titolo originale è ‘E voi come vivrete?‘ (titolo del romanzo di Genzaburō Yoshino, da cui il film è in parte ispirato), è la storia di Mahito, un ragazzino di 12 anni, che fatica ad ambientarsi nella nuova città dove si è trasferito dopo la morte della madre. Esplorando i dintorni della nuova casa, scopre una torre abbandonata e quando un airone parlante lo informa che sua madre è ancora viva, si avventura all’interno della struttura in cerca di risposte.
Tecnicamente il film è stupendo. Se possibile alza ancora più in alto l’asticella, già altissima, della qualità dei lavori dello studio. La sequenza di apertura, che ricorda in parte quanto visto in ‘Si alza il vento’, è se possibile ancora più potente di quella appena citata. L’animazione si sfoca e si piega come le fiamme che divampano, i corpi si deformano e i volti dei personaggi appaiono quasi liquefatti dal calore. Le musiche risultano il perfetto accompagnamento al malinconico viaggio di Mahito e la canzone ‘Spinning Globe‘, inserita ne titoli di coda, è già una hit.

Andare oltre
In generale la pellicola ripropone l’estetica classica di Miyazaki, fatta di linee sottili e dolci, l’armonia della natura e l’ozio lontano dalla caoticità della vita, ambienti in cui il tempo rallenta e l’attimo si cristallizza. Temi cari alla cultura giapponese e più volte ripresi nei lavori dello studio. In generale il livello comunque è altissimo, alcune inquadrature sembrano dei veri e propri quadri e questo non è un caso. Probabilmente in questo più che in ogni altro suo film, Miyazaki inserisce citazioni, riferimenti e suggestioni di ogni genere. Da Böcklin a de Chirico, da Fellini a Dante. Un viaggio che spazia ben oltre la dimensione dell’animazione.
Proprio per questo vi direi che non è un film per tutti, è in parte sicuramente lo è. Senza ombra di dubbio è il film più maturo dello del regista, ed anche il più personale. si riflette su tanti temi: dal superamento del lutto, al proprio lascito per le nuove generazioni, alla morte e la vita dopo di essa. Tuttavia mentirei se dicessi che il film è solo questo. La pellicola è anche una bellissima favola di crescita, adatta anche ai più piccoli. Uscendo dalla sala ho captato le chiacchiere di alcuni bambini presenti, che si dicevano entusiasti, spingendosi a definirlo, cito testualmente: “il film più bello che ho mai visto”.
Resta che, scavando sotto l’apparente semplicità del racconto, si trovi molto molto di più. Mai come prima, uscito dalla sala mi sono reso conto di come non fossi riuscito a comprendere tutto quello che il regista aveva da dire. E ne sono tuttora convinto. È un film che sicuramente giova di una più attenta seconda visione, per arrivare a comprendere ancora meglio tutto quello che la pellicola ha da dire.

Guardando al futuro
Se vogliamo ad ogni costo trovare un difetto al film, direi che vive molto del vissuto personale del regista. Se di difetto vogliamo parlare. Mahito come Miyazaki è figlio di un ingegnere aeronautico, che durante la guerra lavora ala produzione di caccia per l’esercito; Natsuko in analogia alla madre del regista, inizia ad ammalarsi e venire lentamente costretta a letto. Miyazaki come mai prima, inserisce il proprio vissuto all’interno del racconto e potrebbe essere più difficile, per chi non conosce almeno in parte la vita del regista giapponese, chiude certi ponti ed arrivare a fare certi collegamenti.
Ma l’apice di questo simbolismo autobiografico lo tocchiamo con la figura del Prozio, che si avvicina a quella del defunto Isao Takahata, co-fondatore dello Studio Ghibli. Il personaggio che con i blocchi di pietra plasma mondi a suo piacimento, come due registi fanno con l’animazione; la torre come allegoria dello studio, da cui si aprono infinite porte verso infiniti mondi. Una riflessione sull’eredità personale e dello studio, un vero e proprio testamento artistico.
Probabilmente tutto quello che ho detto fino a qui potrebbe non valere nulla per voi, un film che si presta a molteplici interpretazione e sta a voi trovare la vostra. Esteticamente bellissimo, pregno di significati, da rivedere ancora ed ancora. Non sono sicuro a che punto della mia classifica dei film preferiti di Miyazaki finirà eventualmente ‘Il ragazzo e l’airone‘, ma ci sono stati momenti che mi hanno mozzato il fiato e non posso fare altro che consigliarvelo ancora una volta.
Voto · 9/10
